Mai Personal Mood – L’Heure De Part


Ti arriva un link, leggi il nome del gruppo, ti scarichi un disco. Leggi una bio e apprendi che dal 2007 i Mai Personal Mood, pugliesi, ce l’hanno messa tutta per arrivare a questo Ep d’esordio, dopo un demo, parecchi concorsi e, mi immagino, migliaia di km per portare la loro musica in ogni buco che l’accettasse di buon grado.

Ho comunque imparato a non fidarmi troppo delle bio delle case discografiche, o dei gruppi stessi, troppo spesso portatrici di nefandezze comparative, ovvero il volersi paragonare a questo o all’altro gruppo, cercando di etichettarsi con i generi più disparati, quasi che più ne metti, più sei “cool”.

Cerco di resettare il cervello dalle poche righe di presentazione e di mettermi all’ascolto senza pregiudizi; i pezzi sono solo cinque e se da un lato può essere un bene (che saranno mai 22 minuti in confronto all’Eternità?), dall’altro mi devi far saltare dalla sedia su ognuno, che non puoi permetterti di far storcere la bocca nemmeno su una traccia, fosse anche la più breve (e a non dire che mal sopporto il cantato in italiano, se non in rarissimi casi).

Detto questo, vabbè, format c: del cervello e si parte.
Bluette”: mmhh… suoni elettronici, chitarrina e via con l’acustica.

Dei gruppi presi così alla cieca mi incuriosisce molto la scelta dei suoni, e la prima cosa che noto è che l’elettrica mi sa un po’ di demo ma in generale la produzione è buona, e anzi molto buona, specialmente i suoni di tastiera e batteria, “calda” come non sempre capita di sentire.

Nella bio si parla di indie-pop: adesso, io non so se sia indie o meno ma di pop si tratta di sicuro… e a qualche mocciosetto si saranno drizzate le orecchie a sentire ‘ste tre lettere che messe insieme fanno tanto melodia italiana a go-go: chi ha qualche (qualche?) capello bianco in testa e non ha paura di andare oltre (e magari è riuscito a togliersi quei paraocchi intrisi di ormone adolescenziale seppur non senza fatica) sa che il pop, se di qualità, è un toccasana per il cervello e per solleticare quel nervo musicale spesso calpestato dal growl il più feroce o dal più stoppato dei palm muting.

Qua c’è tanta melodia, ci sono tanti arrangiamenti e, sebbene non siano ridondanti (e di questo ringrazio sentitamente), c’è tanta tecnologia (e questa sì che spesso mi spaventa), ma l’uso è piacevole, e non penso sia una bestemmia dire che “Barocco” (tra l’altro, magnifica) mi ricorda l’atmosfera di “Seduction” dei Black Widow, che comunque rimangono l’altra sponda del mare rispetto ai nostri.

Il disco scorre piacevolmente, i ritmi rimangono soft e, che Dio li benedica, le melodie non sono troppo scontate così come i cori. C’è un’atmosfera molto romantica nell’aria, qualcuno direbbe “acchiappona” e saltuariamente (neanche poco) ruffiana, di certo diversa da quella del circuito indie nel senso stretto del termine (che poi siano indipendenti, su questo non ci piove); rimane ovvio che sulla lunga distanza si sentirà la necessità di un po’ più di ritmo, quantomeno di velocità, tanto per dare un po’ di brio al tutto.

Proseguendo con l’ascolto (e devo dire che il disco non necessita di tanto tempo per essere assimilato bene), mi accorgo che il già citato “Barocco” mi sa tanto di spartiacque, ovvero che da qui in poi, e per le restanti due tracce, la qualità cala vistosamente.

Su “Contractact” i synth sono più presenti che mai e tutto ciò mi sa molto di Subsonica, benché non è che li abbia mai seguiti più di tanto; questa secondo me è la canzone più debole: la melodia è banalotta e lascia poco il segno e neanche l’intermezzo/finale “Where-the-streets-have-no-name” riesce a farla migliorare.

Si chiude con “Valigie aperte”, e che si spalanchino le porte della melodia, che ‘sta ballatona entra in pompa magna!
Anche qui di melassa ce n’è a quintali e sebbene siamo un gradino sopra la precedente, faccio fatica a sentire qualcosa di veramente valido per fare il famoso salto dalla sedia (che invece mi avevano fatto fare le prime tre tracce, probabilmente messe in apertura non a caso).

Comunque un buon biglietto da visita che si presta molto bene anche in sede live e che, con un adeguato supporto, potrà presentare i MPM al pubblico il più vasto possibile, che ‘ste canzoni sono impossibili da dimenticare e anzi le canticchi dopo due ascolti. Fatemi sentire un full length, in cui il romanticismo si accompagna ad un po’ più di energia e mi farete felice!

Track Listing:
01 – Bluettte
02 – Corso Trieste
03 – Barocco
04 – Contractact
05 – Valigie Aperte

Claudio Scortichini

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