Golconda: «La vita per quanto in qualche modo insensata, è degna di essere vissuta»

Il 23 ottobre è uscito “Non è una canzone”, il nuovo singolo di Golconda. Un brano manifesto e dal testo molto curioso. L’artista ci è piaciuto e abbiamo deciso di porgli qualche domanda. Ecco il risultato.

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Golconda – Intervista

Ciao Golconda, è un piacere intervistarti. Abbiamo ascoltato il tuo brano “Non è una canzone”. “Sono e non so chi io sia, mi stupisco della mia allegria” è una parte del ritornello del brano. Ci spiegheresti questa strofa? Cosa rappresenta per te?

Certo! Il ritornello di questa canzone è ispirato da una poesia di un anonimo tedesco del Medioevo, citato da psichiatri e filosofi esistenzialisti perché racchiude in poche parole qualcosa di molto potente, e cioè che la vita per quanto in qualche modo insensata, è degna di essere vissuta… Sintetizza perfettamente il senso della canzone… siamo “gocce di pioggia senza troppa speranza in caduta libera ma… piene di grazia”.

Ora ti facciamo una domanda che ci è stata suggerita a gran voce dai nostri lettori: cosa si nasconde dietro questo brano? Come è nato?

La storia di questo brano è piuttosto rocambolesca… è nato a Granada, durante un Erasmus in cui grazie a un caro amico chitarrista ho ricominciato a scrivere e ho ritrovato la voglia di sperimentare nuovi modi di esprimermi con la musica. “Non siamo persone ma suoni in coordinazione, delle mani e delle voci in cerca di un’occasione”, il plurale non è casuale, ho scritto così pensando ad entrambi. Poi le nostre strade musicali hanno preso direzioni diverse e la canzone dopo un po’ di peripezie è rinata così come la conoscete anche voi oggi… non serviva cambiare il testo perché mi piaceva così, e anzi mi piace che porti questo “ricordo” del periodo in cui ha preso forma.

Come nascono le tue canzoni? Prima il testo o la melodia?

Dipende! Ultimamente nasce prima un giro di accordi, sul quale scrivo il testo… all’inizio, complice la mia provenienza dal rap, era più spesso vero il contrario…

Un’altra domanda suggerita dal pubblico: quali sono le tre canzoni più importanti della tua vita?

Difficilissima! Le prime tre canzoni a cui sono tanto legato che mi vengono in mente sono “C’è solo la strada” di Gaber, “Don Chisciotte” di Guccini e… la discografia di Caparezza, che mi ha trasmesso il gusto per l’originalità, per la scrittura elaborata, tagliente.

Questo è il tuo secondo brano, ma hai già qualche aneddoto divertente o curioso inerente alla tua carriera da artista?

Ho potuto fare diverse serate nel momento in cui è stato possibile tra settembre e ottobre, ma una cosa buffa che mi viene in mente adesso è successa recentemente in una diretta Facebook… ero ospite di “Poesia virale”, format di Emanuele Ramundo, cantautore e poeta della Lega Italiana Poetry Slam (LIPS), e insieme a Noi Duo, un simpatico duo creato sul momento composto da due grandi dell’improvvisazione teatrale (Elena Molino e Paolo Scartoni), ci siam divertiti un sacco a improvvisare canzoni sul momento. Nonostante fosse da remoto è stata una serata molto buffa e piena di sorprese!

Ultima domanda di rito: se dovessi descriverti con un cocktail (o un drink) quale sceglieresti?

Whisky Sour! Non chiedetemi perché, è uno dei pochi che conosco e che mi capita di bere… un mio caro amico barman me l’ha fatto provare e ne ho apprezzato molto il bilanciamento tra il dolce e l’amaro… un drink godibile ma allo stesso tempo corposo, ben strutturato!

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