Forse Danzica: «Sono canzoni autosufficienti, ma ascoltate insieme…»

E’ uscito da poco il doppio singolo dei Forse Danzica, “Funerale” e “Immortali”. Una scelta particolare e forse un po’ controcorrente, proprio per questo abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchierare con il dinamico duo.

forse danzica band

Forse Danzica intervista

Ciao ragazzi, è un piacere conoscervi! Iniziamo da una domanda forse scontata… perché il nome Forse Danzica?

Piacere nostro! Il nome è nato per caso: stavamo parlando fuori dallo studio e quando ho chiesto a Marco se si ricordasse quando avessimo iniziato a suonare insieme lui mi aveva risposto “forse a Danzica”, e abbiamo deciso di tenere questa risposta come nome. Si riferiva a un viaggio in Polonia che avevamo fatto qualche mese prima io, lui e altri nostri amici. Danzica è una città che ci è entrata particolarmente nel cuore, anche perché è stata la prima città di quello che è stato il primo viaggio “vero” che abbiamo fatto insieme, e quindi a maggior ragione averla nel nostro nome si porta dietro tutte queste cose, anche se è stata una decisione casuale.

A febbraio è uscito il vostro doppio singolo “Funerale” e “immortali”. Come mai questa scelta di fare uscire due brani insieme?

Perché ci piaceva l’idea di instaurare un dialogo tra i pezzi e approfondire il discorso rimanendo comunque in un ambito più conciso rispetto a un Ep o un album. L’idea è che, pur essendo canzoni autosufficienti, possano aggiungere qualcosa l’una all’altra se ascoltate insieme. E poi avevamo tanto materiale che volevamo pubblicare, e ci è sembrata un’idea in grado di conciliare tutte queste esigenze, e che quindi ripeteremo anche per i prossimi due singoli.

E’ passato quasi un mesetto dalla pubblicazione del doppio singolo. A noi piace di più “Funerale”, ma il generale come ha risposto il vostro pubblico? Quale è piaciuto di più?

Noi sinceramente ci aspettavamo che Funerale fosse più immediata rispetto a Immortali, e invece stanno andando avanti sostanzialmente a braccetto. All’inizio Funerale piaceva sicuramente di più, ma dopo un mese credo di non saper rispondere in maniera precisa a questa domanda!

Ora passiamo a qualche domanda di rito suggerita dal nostro pubblico: quali sono le tre canzoni che più hanno influenzato la vostra vita?

Wake Me Up When September Ends dei Green Day, che non ascolto da anni ma che è stata la canzone che, quando avevo sette anni, mi ha fatto capire che volevo assolutamente comprare una chitarra; There is a Light That Never Goes Out degli Smiths perché credo sia la canzone che ho ascoltato più volte in assoluto; I Never Learnt To Share di James Blake, perché ha cambiato radicalmente il mio modo di approcciarmi alle canzoni.

Ultima domanda di rito: se doveste descrivere la vostra band con un drink, quale sarebbe e perché?

Domanda difficilissima perché sono astemio. Però in un locale di Danzica ci avevano portato un cocktail che veniva servito in un tubetto di vernice e aveva la consistenza del dentifricio. Lo si beveva risucchiandolo dal tubetto. Era così bello e surreale che pure io avevo deciso che valeva la pena provarlo e alla fine ne avevo presi due perché mi piaceva davvero un sacco, e non sapeva nemmeno di alcool. Ero rimasto colpito da quell’idea perché era una cosa buona, servita in un locale affollato, che allo stesso tempo era un cocktail e non lo era, e che proprio per questa sua ambiguità e questa sua fluidità mi aveva colpito. Vorrei riuscire a fare la stessa cosa con le canzoni, ma ci vuole tempo per trovare la chiave.

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