Fløp intervista: “Sarei il vino… perché riesce sempre a stupire!”

Il 23 aprile esce Amanti vuoti, il nuovo singolo di Fløp. Brano prodotto da Elliōt (Antlers Studio) e che unisce abilmente sonorità appartenenti a generi distanti tra loro – come rap, indie e core – Amanti vuoti racconta un’esperienza personale vissuta dall’artista: l’approccio con l’amore e la consapevolezza del vuoto interiore che rimane, nonostante tutto.
 
Fløp

Fløp intervista

Ciao Fløp, è uscito da poco il tuo nuovo singolo. Come è nato Amanti Vuoti?
Amanti Vuoti è nata da un giro di chitarra che avevo in testa da un po’, ho provato a suonarla e poi cantandoci sopra ho creato la melodia con una bozza di testo di quasi un anno fa. Le vibes del pezzo erano molto “sad” e volevo sfruttare al meglio lo scream, è stata un bella sfida perché era allo stesso tempo molto “calmo”. Per cui ho deciso di dare al ritornello una grande carica e potenza, poi Elliōt (il mio produttore) ha aggiunto le parti elettroniche nella strofa e lì il pezzo ha preso una direzione più pop e rap. Abbiamo unito il tutto e siamo stati davvero contenti del risultato.

Rispetto ai tuoi primi lavori sei maturato molto. Cosa ha dato una svolta al tuo sound?
Penso siano stati molteplici fattori. Sicuramente l’esperienza: più vai avanti, più di rendi conto in quanti aspetti puoi davvero migliorare. Anche avere una mentalità aperta nell’ascolto della musica: pian piano riesco ad apprezzare sempre più generi e sfumature diverse e questo porta novità e maturità al tuo sound. Ma il fattore che più ha dato una svolta è l’aver iniziato a lavorare coi ragazzi di Protocollo Zero per la direzione e registrazione dei miei brani. Hanno capito al volo il mio progetto e dove volevo arrivare, i miei punti di forza e i miei punti deboli, e dopo mesi di lavoro i risultati si vedono.

Una domanda del nostro pubblico: quali sono le tre canzoni che più hanno influenzato la tua vita?
Domanda molto difficile. Citerò 3 canzoni che hanno influenzato 3 periodi diversi della mia vita: Durante l’adolescenza, “Fabri Fibra – Rap in Vena”, per la ventata di novità che ha portato in quegli anni. Mi ricordo che intorno ai 11-12 anni passavo estati intere a Milano e non si ascoltava nient’altro che Fibra. Un’icona.
Periodo intorno ai 20 anni, “Architects – All Our Gods Have Abandoned Us” (l’album intero, impossibile scegliere una canzone solo). Lo ritengo tuttora il mio album preferito, per le tematiche, il sound e il significato profondo che ha per me.
Nell’anno in cui ho vissuto in Australia, Foals – Mountains At My Gates. Perchè la collego sempre a quel folle periodo.

Un aneddoto divertente che ti è capitato in tour o in studio?
L’estate scorsa, una domenica, dovevamo registare un pezzo nuovo (“Eigengrau”). L’idea era quella di fare una grigliata, vicino allo studio, in una quindicina di persone e poi mettersi a registare il brano. Inevitabilmente abbiamo bevuto troppo e verso sera tutti gasati siamo andati a registrare. Siamo usciti dallo studio anche molto soddisfatti, convinti di aver fatto un ottimo lavoro. Il giorno dopo riascoltando abbiamo cancellato ogni singola registrazione. Tra stonature e parti fuori tempo non c’era davvero nulla di salvabile. Da quella volta lì cerchiamo sempre di evitare di registrare da ubriachi.

Ultima domanda: se dovessi descriverti con una bevanda/cocktail, quale sarebbe? E perché?
Direi il vino. Per le mille sfumature che può avere e, nel bene o nel male, riesce sempre a stupire.

 

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