Sarah Stride: “Sono un Dry Martini. Secco, molto forte, essenziale”

Fuori dal 1 marzo “Luna raccolta”, il singolo che segna il ritorno di Sarah Stride (che si legge “stride”, come il verbo stridere). Un nuovo nuovo inizio che la cantautrice sembra dedicare a chi ha molte cicatrici e che ancora riesce a trovare la bellezza anche in un momento difficile. Dopo la pubblicazione dell’ultimo album Prima che gli assassini, e ormai a proprio agio tra parole taglienti, atmosfere subacquee e movenze elettroniche, Sarah Stride si riconferma uno dei nomi più interessanti della scena underground. 

Noi non abbiamo saputo resistere, e gli abbiamo fatto qualche domanda.

sarah stride

Sarah Stride

Quali sono tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per la tua formazione musicale? 

Kid-A (Radiohead)
Grace (Jeff Buckley)
From the Choigirl Hotel (Tory Amos)

Chi dovrebbe assolutamente ascoltare il tuo ultimo singolo “Luna raccolta”?

Chi non cerca nella musica un intrattenimento. Coloro che “ascoltano”, che hanno necessità di sondare il lato in ombra delle cose. Le persone buone, quelle che hanno a cuore la tutela delle minoranze. Gli amanti del buio.

In che modo questo brano rappresenta un cambio di percorso per te? 

Arrivando da “Prima che gli Assassini” scritto a quattro mani con Simona Angioni, direi che il primo grosso cambiamento è quello di tornare alla scrittura in solitaria. Per quanto riguarda i temi che ho voglia di trattare siamo sempre molto vicini al mio precedente album ma più che una disamina del mio mondo interiore oggi ho più voglia e urgenza di raccontare quello che succede fuori da me. Musicalmente parlando sto dando più spazio, nella scrittura armonica, al mio interesse per la musica mediorientale e per l’utilizzo del pianoforte come strumento portante. Come produzione artistica il cambio da Kole Laca a Frank Martino (già chitarrista del progetto) rappresenta una continuazione del mondo sonoro creato che Prima che gli Assassini con una componente melodica più presente e un’ancor più asciutta ricerca dei timbri.

Com’è stato collaborare con artisti del calibro di Howie B, o dividere il palco con Erlend Oye? Qualche aneddoto dietro  le quinte?

La cosa che mi ha più colpito nel lavorare con artisti stranieri è la serietà e l’accoglienza con cui trattano anche il meno conosciuto dei musicisti purché valido e talentuoso. Ricordo la prima mail che scrissi ad Howie, nella quale gli mandavo i miei provini da ascoltare. Mi rispose immediatamente dicendomi che era all’estero per una produzione ma che mi avrebbe fatto sapere la settimana successiva. Dopo sette giorni esatti mi rispose con un analisi dettagliata sui brani e già con dei consigli ed idee. Direi che da questo punto di vista abbiamo molto da imparare!

Ultima domanda: se fossi un drink quale saresti e perché?
Dry Martini. Secco, molto forte, essenziale, senza tempo.

Leggi anche –> “Mono”, il grande ritorno dei lombardi Vintage Violence

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