Zahra Shaker: “Magari qualcuno trova conforto con la mia musica”

Fuori dal 8 novembre 2022 il singolo di debutto del progetto solista di Zahra Shaker. Un brano dal titolo “Fallen” che, tra il suono di un dolce pianoforte ed eteree linee vocali, ci accompagna nel mondo della cantante italo-siriana che presto pubblicherà il suo disco d’esordio, “Petrichor”. Un disco che Zahra stessa definisce un processo di guarigione. Benvenuti quindi in un mondo di influenze stratificate senza genere, dove la songwriter fugge dalle dinamiche delle playlist di Spotify e dai dettami del mercato musicale, offrendoci il primo capitolo di un racconto che sviscera la sofferenza e le continue battaglie dell’artista contro l’ansia e la depressione.

L’abbiamo intervista proprio in occasione di quest’esordio e ci ha regalato parole sentite, ecco com’è andata.

Zahra Shaker

Zahra Shaker intervista

Quali sono i tuoi tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per la tua formazione musicale? E come mai?

Sicuramente Consign to oblivion degli EPICA.
Sono stati il mio gruppo del cuore e mi hanno accompagnata per tutta l’adolescenza. Ho amato sin da subito le parti orchestrali presenti nei loro brani, quasi fossero colonne sonore e il mood “ancestrale e antico” del disco. In più mi è piaciuto sin da subito l’accostamento di questa voce eterea e lirica al metal.

Un altro disco del cuore che mi ha formata molto è stato senz’altro Hallelujah degli Igorrr. Quando l’ho ascoltato per la prima volta ho sentito di aver trovato il mio universo musicale. Questa voce angelica che sfocia poi in grida e urli disperati, samples di musica classica rivisitati con suoni elettronici ricercati, parti metal che escono fuori all’improvviso. Quella degli Igorrr è una musica fuori dal comune che non si pone limiti e questo l’ho apprezzato dal primo ascolto.
Last but not least, come si dice, è l’album Dreamland del pianista e compositore inglese Alexis Ffrench.

La prima volta che ho ascoltato questo album sono stata avvolta da un senso di pace e armonia indescrivibile.
Con la sua musica è in grado di toccare posti dell’anima che nemmeno sai di avere.

C’è il suono di questo dolce pianoforte accompagnato da una piccola orchestra che ti trapassa il cuore. Questo è quello che spero di fare anche io con la mia musica, nel mio piccolo. Lasciare un segno negli animi di chi mi ascolta.

Cosa ti ha fatto pensare che era arrivato il momento di esordire con questo tuo progetto solista? E quali difficoltà pensi di incontrare sul tuo percorso?

E’ da una vita intera che scrivo musiche e testi personali. Per troppo tempo ho lasciato prendere polvere a quello che è il mio più grande sogno: arrivare nell’animo di qualcuno attraverso il mio universo musicale. Così mi sono detta che tanto non ho niente da perdere, ritengo la mia musica interessante e voglio far uscire allo scoperto la mia esperienza di vita, per quanto ancora immatura. Chissà che magari qualcuno non trovi conforto nella mia musica o nei miei testi.
Sicuramente una delle difficoltà che incontrerò nel percorso sarà il non essere capita da tutti. Sono cosciente del fatto che la mia musica non rispetta le leggi e i canoni delle canzoni odierne, quindi sarà un po’ più difficile uscire allo scoperto.
Io comunque vado avanti per la mia strada, felice di aver trovato il mio mondo musicale.

E cosa puoi anticiparci di “Petrichor” ?

Petrichor è la mia prima creazione. E’ il mio bambino direi e ci sono tanto affezionata. E’ letteralmente un processo di guarigione. Tutto ciò che ho vissuto negli ultimi anni è racchiuso in questo lavoro. E’ molto personale e non nascondo un po’ di timore nel farlo uscire allo scoperto. Ma, come una brava madre, gli ho costruito delle solide ali e sono sicura che sarà in grado di salpare sul vento più giusto.

E quanto c’è di autobiografico in “Fallen”?

Fallen è del tutto autobiografica direi.
Ricordo che quando l’ho scritta ero in guerra con il mondo intero. Andava (e va) tutti a rotoli nel pianeta. Guerre su guerre, carestie, povertà, maltrattamenti di ogni genere. Esaltazione di modelli sbagliati, riscaldamento climatico, punti di non ritorno.
Alla fine ho voluto descrivere la società in cui viviamo oggi: malata, corrotta e superficiale. Che non riesce più a godersi le piccole cose, quelle che davvero contano.

Ultima domanda: se fossi un drink quale saresti, e perché?

Non sono una grandissima conoscitrice di drink!
La birra vale? Perché io bevo solo quella, devo dire.
Quindi se dovessi pensare a quale drink essere sceglierei sicuramente una buona birra. Che va giù liscia ma poi ti fa girare la testa. Dolce ma corposa, solida.

 

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