Kublai: “Mi considero un autore di canzoni, di qualunque tipo esse siano”

È uscito a metà aprile in distribuzione Artist First “Sogno vero”, il nuovo disco di Kublai.

Quattro tracce, una piccola collezione di paradossi, un nuovo EP per il progetto solista di Teo Manzo che segue la pubblicazione del omonimo disco d’esordio del 2020. Co-scritto da Mamo (già batterista degli Io? Drama), e prodotto da Vito Gatto, questo disco attinge a piene mani dalla categoria dei sogni, tanto improbabili quanto rivelatori, sceneggiature che mostrano, senza risolverla, l’ambiguità del reale.

kublai intervista

Kublai intervista

L’ossimoro del titolo allude a un “risveglio”, alla consapevolezza di aver vissuto qualcosa di così assurdo da assomigliare a un sogno. Se i quattro brani del disco ci chiedono di guardare il baratro, ci offrono, al tempo stesso, una passerella, una via d’uscita panoramica, un passaggio sicuro dal sogno-incubo al sogno-desiderio. Come già nell’album di esordio del 2020, Kublai vuole ricomporre la distanza – siderale nella canzone italiana – tra forma e contenuto, tra canto e canzone. I testi di Kublai sono sfocati, ellittici, eppure vividi nella presenza della voce, e così le musiche, che alternano canti a spazi, architetture melodiche a momenti di respiro strumentale. Per Kublai, “Sogno vero” è anche un auspicio: dotare il canto di un potere espressivo a prescindere dal suo, spesso superfluo, contenuto. Sarebbe un sogno, per davvero.

Abbiamo parlato con lui di lentezza, di un suo passato da cantautore che riguarda con tenerezza e di questo nuovo disco che non possiamo fare a meno di ascoltare continuamente.

Cos’è successo negli ultimi due anni e mezzo? Ti avevamo lasciato con la pubblicazione del tuo album di debutto, e ti ritroviamo oggi, alla fine definitiva di una pandemia globale, con un EP. E in mezzo?

In mezzo ho fatto musica, svolgo attività lentamente ma senza interruzioni. Poi ho aspettato che finisse il disastro, perché suonare dal vivo è qualcosa di cui faccio fatica a privarmi. Ad aspettare non faccio fatica però, quindi va bene così.

Che ne è degli Io?Drama? E com’è suonare tra di voi su altri progetti? Siete in qualche modo ancora fan gli uni degli altri? 

Con gli Io?Drama più che altro siamo molto amici, non sta a me parlare della band, ma so che ognuno sta portando avanti progetti personali in questo periodo. Mamo, ad esempio, ha lavorato con me a Sogno vero. Personalmente ho suonato, a diverso titolo, con tutti loro, e la mia stima nei loro confronti, musicalmente e umanamente, è molto alta.

Quali possono essere tra dischi che sono stati fondamentali per il tuo percorso musicale? E come mai? 

Sono cresciuto con i cantautori italiani, su tutti De André. Ma i dischi che mi hanno cambiato la testa sono quelli di generi molto lontani, almeno sulla carta, da tutto ciò. Poi ho capito che classificare i generi è un esercizio pigro, non è d’aiuto nell’isolare ciò che davvero ci interessa di un pezzo. A me nella musica interessa l’agogica, cioè l’espressione, l’intensità. Questo a prescindere da questo o quel genere.

Sei ancora in lotta con il tuo passato da cantautore? 

Non è con il mio passato che sono in lotta, lo guardo con tenerezza. Mi considero un autore di canzoni, di qualunque tipo esse siano. Non amo il “cantautoresimo”, quell’idea nostalgica e reazionaria che rimpiange la “qualità” di una volta. Il cantautorato storico ha fatto anche cose brutte: ad esempio ha appiattito tutta la musica sul testo, quindi su un certo lirismo, sul dire di sé, sul posizionarsi. Con questo sì, sono ancora in lotta. 

Ultima domanda: se fossi un drink serale, quale saresti e perché?

È facile, sono un Martini cocktail. Difficile.

 

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