Narratore Urbano: “Distinguersi tra le milioni di informazioni è il problema”

Quasi sei mesi fa ti abbiamo parlato di Narratore Urbano. L’artista è tornato a farsi sentire con la pubblicazione di un nuovo singolo,233 gradi centigradi”, e a breve di un altro ep: POST Vol. 2. Narratore Urbano, nome d’arte di Alekos Zonca, è un cantautore di Torino, classe 1998 e abbiamo deciso di intervistarlo per conoscerlo meglio.

Narratore Urbano intervista

Intervista Narratore Urbano

Ciao Alekos, cosa ti ha spinto a diventare Narratore Urbano?
Ciao a tutti voi di Brainstorming. In realtà non so bene cosa mi ha spinto oltre l’umana esigenza di esprimere la mia visione del mondo, un’esigenza insita in ciascuno di noi. Quello che so che il nome è nato dopo un concerto dove il batterista di un’altra band ha definito i miei brani delle “narrazioni urbane”. Questa espressione mi è piaciuta parecchio perché di fatto riassume il mio stile e l’attitudine politica dei miei testi.

La musica è il mezzo che usi per raccontare il mondo e indagare l’animo umano. Se potessi cambiare la società, come diventerebbe?
Domanda molto difficile ma anche estremamente stimolante. Di fatto ho sempre visto la mia musica come un modo per comunicare con chi mi ascolta e in generale dialogare con il pubblico, portarlo a delle riflessioni che escano da una visione semplificata del mondo.
Questo però non significa necessariamente che il mio punto di vista sia sempre corretto o preciso e non voglio avere questa presunzione, tanto più quella di cambiare la società. Penso che il cambiamento debba venire da ognuno di noi, il compito dell’artista è quello di puntare un riflettore sulle cose che non vanno

Quali sono i più grandi ostacoli che un musicista emergente deve affrontare?
La comunicazione con il suo pubblico. Viviamo in un’era dove nonostante la comunicazione istantanea, siamo costantemente bombardati da milioni di informazioni al giorno. Distinguersi tra le milioni di informazioni e riuscire ad arrivare a chi è interessato a ciò che fai è il vero problema, e non dipende dalla qualità della tua proposta ma solo dalla potenza del tuo “megafono social”.

Musicista fai da te o con supporto di professionisti? Qual è la tua scelta e perché?
Entrambe le cose. Dal vivo spesso sono da solo, altre volte con altri musicisti di supporto. In questo caso si tratta solo di una questione legata alla location e al cachet. Per quanto riguarda la produzione mi confronto sempre con Fabrizio Pan, in particolare sulla scelta dei suoni e degli arrangiamenti. Penso che avere almeno una persona con cui sviluppare i brani sia sempre la scelta migliore. Da soli si è difficilmente obbiettivi: o ci si sminuisce troppo o si rischia di pubblicare qualcosa di ancora troppo embrionale.

Tre canzoni che hanno influenzato la tua carriera?
In ordine cronologico:
– “Time” dei Pink Floyd. Il brano che mi ha fatto capire che non posso fare a meno della musica e dei suoi testi
– “Pertanto” del Pan del Diavolo. È il brano che mi ha fatto innamorare dell’attitudine indipendente
– “Scirocco” di Murubutu ft Rancore. Il brano che mi ha fatto innamorare del conscious rap e che mi ha spinto a investire le mie energie sui testi.

Ultima domanda di rito: se tu fossi un cocktail o una bevanda, quale saresti e perché?
Penso che sarei un Moscow Mule. Un po’ meno gettonato del solito spritz, gusto fresco e vitale, diretto, senza fronzoli. Solo che non bisogna berne più di un bicchiere ogni tanto. E poi è menzionato esplicitamente in “Zenzero”.

Leggi anche –> Narratore Urbano, “25MAG”: impegno sociale e rock

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