Petra Von Kant: “Ci piacerebbe che questi brani in futuro potessero crescere con noi”

Esce venerdì 27 ottobre 2023 per Lost Generation Records / fuoritempo “Come Closer”, primo album dei Petra Von Kant. É un progetto musicale dalle tinte scure e lisergiche,  nato dall’incontro tra le allucinazioni sonore di Danilo “Zoot”  Marianelli e i testi visionari di Fabio Babini, già voce dei Venus In  Disgrace.

Noi eravamo curiosissimi di sentirli, e siamo partiti come sempre dai loro tre dischi fondamentali, ecco com’è andata!

Petra Von Kant

Petra Von Kant

Quali sono tre dischi che sono stati fondamentali per la vostra formazione musicale? E per quale motivo?

Fabio Babini (Petra Von Kant): Tre dischi sono difficili da trovare, nel senso che le nostre influenze sono davvero tantissime e in apparente distanza tra loro, ma potremmo dire che New Wave, Psichedelia e Progressive esprimono al meglio la musica che puoi ascoltare sul nostro album. Volendo tracciare tre album che ci legano in qualche modo, direi ‘Red’ dei King Crimson, ‘Saucerful of Secrets’ dei Pink Floyd e qualsiasi disco di Zappa del periodo storico dei Mothers Of Invention.

Questo disco ha un messaggio che volevate in qualche modo portare a qualcuno? E chi sarebbe quel qualcuno che dovrebbe assolutamente ascoltare il vostro album? E in quale periodo della sua vita?

PVK: Non c’è un messaggio specifico e ogni brano ha una genesi e una storia diverse, ma con un filo conduttore in un certo senso “involontario”, su cui abbiamo riflettuto quando ci siamo fermati a riascoltare l’album: un senso di solitudine, nella misura più ampia e profonda del termine, il doversi confrontare con i propri demoni ma anche alla ricerca di orizzonti sempre nuovi, sia sotto il profilo musicale che umano. Non pensiamo ci sia un pubblico specifico adatto a questo album né tantomeno un’età più idonea per l’ascolto, ma senz’altro speriamo possa far breccia tra chi è dotato di apertura mentale e una sensibilità verso certe tematiche e sonorità, senza alcuna preclusione schematica.

A che periodo invece fanno riferimento questi brani? Vi sentite ancora come quando li avete composti? Vi capita mai di riascoltarvi?

PVK: L’embrione di alcuni di questi brani ha visto la luce prima che ci conoscessimo, perché Danilo Marianelli ci stava lavorando quando mi propose di collaborare a quello che diventeranno i Petra Von Kant. Poi i brani sono cresciuti con noi, fino a prendere la forma che potete ascoltare ora sull’album. Se siamo gli stessi? Ovviamente sì, ma credo sia fondamentale (e forse altresì inevitabile) che siamo anche cambiati un po’ anche noi. E allo stesso modo ci piacerebbe che questi brani in futuro potessero crescere con noi, magari anche cambiando pelle quando li suoneremo dal vivo.

Il vostro progetto musicale può prescindere dalla musica live? Riuscite a suonare in giro oppure è vero quello che dicono, che da dopo il Covid è praticamente impossibile un tour da indipendente?

PVK: Se dicessi che la situazione attuale è “impossibile”, sarebbe come accettare lo status quo attuale senza far nulla per cambiarlo. Una giustificazione che non gratifica nessuno, per dirla in altri termini. Senz’altro la ripresa è stata lenta e le difficoltà sono ancora molteplici, l’organizzazione dietro certi eventi è alquanto naif e noto una fragilità di fondo che avvolge un po’ tutto il music business, a tutti i livelli. Però si è ripartiti ed è già qualcosa, ma quello che più conta, oggi come sempre, è il valore delle persone e la loro capacità di creare strutture solide e capillari in cui potersi muovere, ponendo le basi per poter organizzare eventi live e – possibilmente – anche dei tour insieme ad altre band indipendenti.

Se foste un drink quale sareste, e perchè?

PVK: Sulla questione alcool io e Zoot abbiamo gusti diversi: da parte mia ti direi un gustoso e languido Mojito, lui invece lascerebbe stare del tutto i cocktail e punterebbe dritto al Jack Daniel’s. Anche questo un classico del Rock, in fondo…

 

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