Marcos: “Tutto si può connettere nella vita”

É uscito venerdì 17 novembre 2023 su tutte le piattaforme digitali il primo disco solista di Marcos. Questo EP dal titolo “Gradi di libertà”, è un disco personale, sentito e stratificato di influenze che partono dall’alternative rock.

E per capire la sua di vita, lo abbiamo intervistato per voi. Ed è andata così.

Marcos intervista

Quali sono tre dischi che a tuo parere sono stati fondamentali per la tua formazione musicale? E per quale motivo?

Non riesco a farti un podio del genere perché ridurrei la “formazione musicale” a soli tre elementi fondamentali, e non corrisponderebbe alla realtà. Ti dirò tre dischi significativi, che magari non c’entrano nulla con quello che faccio, ma che sento affini per qualche motivo.

“5” di Lenny Kravitz

Il mio primo CD comprato. Black Velveteen era un brano astronomico, e non se lo filó nessuno quel pezzo. Lenny Kravitz gode della mia simpatia da sempre, è molto autonomo nella
produzione, cosa che ora faccio anche io.

Chega de Saudade di João Gilberto

La mia tesi di laurea fu sulla Bossa Nova Brasíliana. João Gilberto si isoló per qualche tempo, tornando sulle scene musicali con questo disco. Uno dei rari casi in cui possiamo dire che si sia inventato un genere, grazie al “balanço” tipico della chitarra bossa. Prima aveva militato in diverse formazioni musicali e poi si era raccolto in sé stesso, per sputare infine fuori un capolavoro di raffinata semplicità.

Il Mondo Nuovo del Teatro degli Orrori

Una delle band che mi ha attirato verso
la musica italiana. Ascoltavo molta musica straniera fino ai vent’anni circa. In casa la musica italiana entrava di rado, essendo figlio di genitori brasiliani ascoltavamo João Bosco, Gilberto Gil e via dicendo. La mia tendenza esterofila arriva da lì, sicuramente. Il T.D.O. è stato il primo gruppo musicale che mi ha dato un senso coeso tra musiche e testi, tematiche che hanno qualcosa da dire, oltre il mero intrattenimento. Da lì in poi ho recuperato il gap con la musica italiana.

Ci racconti un po’ delle tue influenze che partono dall’alternative rock? Quanto sono state importanti per questo tuo debutto solista?

Non so come etichettarmi, capita che dall’esterno mi dicono che rimando una volta a quello e un’altra volta a quell’altro artista. Io non lo so bene da dove arrivo musicalmente, se mi prende bene in auto mi ascolto Radio Ciao dove passano le canzoni con la fisarmonica. Poi torno a casa e metto Satie o Listz, che amo. Poi il giorno dopo rispolvero i Limp Bizkit perché ho un momento tamarro, lo stesso pomeriggio ascolto Brunori Sas e capita poi che Youtube mi propone i Sambomaster dal Giappone e mi compro il loro disco. Come posso caprici qualcosa? Scorro, ascolto e chi sta fuori osserva e vuole definirmi per familiarizzare. Va benissimo così. In questo contesto quindi, tutto risulta importante.

Sei un appassionato di statistica quindi? Quali sono i punti di contatto con la musica e con ciò che vivi quotidianamente?

Sono curioso ed un giorno ho scoperto che in Statistica esisteva il concetto di Gradi di libertà. Tutto si può connettere nella vita, le metafore danno voce a queste connessioni. Basta essere curiosi e no, non sono appassionato di Statistica anzi, conosco solo il concetto che ho utilizzato per il disco! Curiosità, approfondimento e un po’ di creatività, credo siano i modi per giungere a queste connessioni tra cose apparentemente distanti.

E come hai affrontato il periodo di transizione tra il tuo tuo nuovo percorso solista e il tuo passato in altre band? È stato un passaggio sereno?

Tutto quello che capita cerco di concepirlo come necessario, in Sasso parlo proprio di determinismo. La fine della precedente esperienza è stata naturale, di certo la tristezza è stata quella di non proseguire più a fare musica con un amico. Ma le strade le scegliamo noi, quindi ciò che arriva è il risultato dei nostri passi. Quel periodo l’ho affrontato dapprima buttandomi a capofitto su nuovi brani poi, riascoltandoli, capivo che c’era molto della tristezza e della delusione data dalla fine del progetto Hoka Hey. Allora ho pensato che non volevo scrivere delle cose di pancia, non avrei fatto delle emozioni la prima linea della mia musica. Semmai il ragionamento, e tramite esso arrivare anche ad emozionare, ma soprattutto a ragionare. Non ho fatto nient’altro che mettere in musica i pensieri che mi vengono mentre guido o porto a spasso il cane. Questi riguardano domande a volte profonde, che spesso tenevo per me. Le ho scritte e mi è piaciuto, così è nata la mia prima versione solista.

Ultima domanda, se fossi un drink quale saresti, e perchè?

Un gin tonic. Non bevo quasi mai, ma se lo faccio chiedo quello. Due ingredienti, poche scuse. Serve semplicità e grande equilibrio per farlo perfetto.

Leggi anche –> Five Sides fuori il primo videoclip della band: “Tutto a puttane”

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